Oliviero Mogno

MISCELLANEA
ADDENDA

L'ERGASTOLO DI RAOUL GHIANI




 



Da Trieste, il 5 novembre del 1975

   Egregio signor Ghiani,
Il recente rigetto della Sua domanda di revisione processuale mi ha non poco addolorato perché io sono assolutamente certo della Sua innocenza.
   Non è che io faccia parte della numerosa schiera dei cosiddetti innocentisti giacché il mio convincimento, che non vuole e non può essere confuso con la diffusa tendenza agli schieramenti impulsivi e irrazionali, trova il suo fondamento sul solido terreno dei risultati emersi dagli atti processuali. Atti che a suo tempo esaminai con scrupolosa attenzione e dai quali non soltanto non è risultata alcuna effettiva prova di colpevolezza, ma è risultata invece dimostrata chiaramente, senza ombra di dubbio, l'insussistenza di ogni indizio e l'assoluta inattendibilità delle testimonianze a Suo carico. Ma, oltre a ciò, il mio convincimento della Sua completa innocenza deriva principalmente dall'indagine psicologica che, alla luce di tutti gli elementi accuratamente raccolti, ho potuto operare sulla Sua personalità e dalla quale è risultato con scientifica certezza che Lei non può aver compiuto l'orrendo crimine per il quale è stato ingiustamente accusato e condannato.
   Purtroppo la psicologia analitica è una scienza alla quale ancor oggi non si dà il dovuto peso, tanto che non solo non si attribuirebbe gran conto, nello svolgimento dei procedimenti giudiziari, ad una perizia psicologica, ma non si ritiene neppur necessario il suo responso alla selezione di chi è chiamato a giudicare e a testimoniare, trascurando così del tutto l'influenza determinante che le psicopatie possono avere nella formazione soggettiva delle convinzioni e dei giudizi.
   Lei, caro signor Ghiani, che in tanti anni di terribile sofferenza ha saputo mantenere quel dignitoso comportamento di autentico galantuomo, quale è sempre stato e nonostante la tremenda ingiustizia patita continua ad essere, Lei che è ormai abbandonato da tutti perché il Suo caso non può essere utilizzato nelle forsennate lotte dei faziosi e quindi non fa più notizia, è palesemente la vittima di un gravissimo errore giudiziario la responsabilità del quale ricade sì sull'intera società, ma anche, giacché di tale società faccio parte, su di ne, ed è per questo che di tale responsabilità sento il peso come quello di un misfatto che grava sulla mia coscienza di cittadino.
   Quantunque vecchio e malato, sento che non dovrei sottrarmi ulteriormente al dovere morale di fare qaalche tentativo in Suo favore e Le assicuro che se riuscissi a contribuire, anche in minima parte, per farle ottenere un po' di giustizia, considererei un tale risultato come quello più importante fra quanti abbia saputo conseguire nei lunghi e non certo inoperosi anni della mia vita.
   Le raccomando, intanto, di mantenere la Sua ammirevole forza d'animo e di non disperare. Non ancora tutte le porte sono chiuse.
   Se altri sono caduti in errore, confidi ora nel più alto magistrato della nostra Repubblica che é uomo di somma levatura intellettuale e morale e che ha nelle proprie mani il potere di liberarla con la concessione della grazia. Io spero ardentemente che Egli, nella sua illuminata saggezza, voglia farlo. Vedrà che al buio di quest'ultima, cocente delusione seguirà anche per Lei, finalmente, un raggio di sole.
   Per il momento, tutto ciò che posso offrirle è la mia sincera amicizia e Le assicuro che mi sentirei onorato se volesse accettarla.

Suo Oliviero Mogno

 

Da Trieste, il 6 novembre del 1975

Al Presidente della Repubblica
Onorevole Giovanni Leone
Quirinale - ROMA

   Onorevole signor Presidente,
   Mi permetto di inviarle, qui unita, copia della lettera che ho testé mandato all'ergastolano Raoul Ghiani, detenuto nel penitenziario di Pianosa.
   Non oso aggiungere altro se non la preghiera di leggerla e di aprire il Suo grande cuore su questa disgraziata vicenda, la più ingiusta e spaventosa che possa colpire un uomo buono, mite e laborioso che in tutta la vita non ha mai fatto, né mai potrebbe fare, male ad alcuno.
   Con profondo ossequio.

Oliviero Mogno

 

   Giovanni Leone non concesse la grazia a Raoul Ghiani, ma nominò cavaliere del lavoro Silvio Berlusconi. Perché Ghiani ottenesse la grazia si sarebbe dovuta attendere, nel 1984, l'iniziativa di Sandro Pertini, successivo Presidente della Repubblica.